Qualche settimana fa ho avuto l’ennesimo confronto con un Direttore di Banca in merito alla possibilità di concessione di un finanziamento su un’idea progettuale di sviluppo territoriale a forte impatto sociale (social impact) per un potenziale cliente.
Dopo i convenevoli, le tipiche buone maniere e la stretta di mano il consueto “Le facciamo sapere”
Qualche giorno dopo “La proposta è per noi irricevibile”.
Lì per lì mi sono chiesto, da uomo del dubbio quale mi considero:
“Ma ho veramente proposto una cosa così irricevibile?” E se così fosse…. “La professionalità che fino ad ora mi ha contraddistinto dov’è finita?” O peggio… “Ma non sarà mica che sia improvvisamente diventato così furbo da voler far passare una proposta irricevibile per una cosa seria?”
Dopodiché ho cercato di riflettere e mi sono dato una chiave di lettura che vi sottopongo.
Gli istituti di credito, non tutti ovviamente, hanno una spiccata capacità nel valutare, sia per il mindset di molti direttori e CDA sia per i processi interni di rating, quello che in ambito Project Management noi definiamo il rischio negativo (minaccia) ossia quel rischio che, se si verifica, genera un danno al progetto.
Noi sappiamo però, soprattutto in questi tempi turbolenti, che se un Project Manager o un Imprenditore valutasse solo il rischio negativo non avremmo probabilmente oggi tra le mani molte delle cose che utilizziamo, dal PC al cellulare per citarne alcuni.
Quello che infatti dovrebbe sempre essere valutato è anche il rischio positivo (opportunità) ossia quel rischio che quando si verifica porta con sé un beneficio al progetto. Ve lo vedete il giovane Steve Jobs che esce sconsolato da una Banca perché non aveva sufficienti garanzie per avviare Apple privando tutti noi del PC come lo conosciamo oggi? Se fosse accaduto staremo tutti vivendo un altro film.
Tale concetto ben si sposa con l’antifragilità coniata da Nassim Nicholas Taleb[1], ossia la capacità di cogliere nelle difficoltà e nell’incertezza anche gli elementi di positività e la capacità quindi di enfatizzare questi ultimi per mitigare i primi.
Valutare il rischio positivo necessita però di uno sforzo aggiuntivo, di una fatica, e soprattutto di una conoscenza di come una visione si possa o meno realizzare nell’ambito del contesto socioeconomico che stiamo vivendo.
Non è sufficiente valutare la probabilità di fallimento ma serve valutare la probabilità di successo e ciò ripeto comporta innanzitutto voglia di comprendere le dinamiche future.
Tornando quindi alla Banca mi sono chiesto: “Ma avranno valutato le opportunità che la proposta progettuale può loro generare? Hanno valutato per esempio quale ritorno di immagine, di popolarità e di conseguente potenziale crescita di correntisti la proposta progettuale può portare? Hanno valutato i capitali che quest’idea potrebbe generare e che potrebbero essere investiti attraverso la banca stessa?”
Probabilmente, vista la frettolosità della risposta ricevuta, ciò non è accaduto.
E’ più comodo guardare le garanzie che per definizione mitigano il rischio negativo che guardare le potenziali opportunità che mitigano comunque il rischio negativo accrescendo però i rischi positivi.
Molti di voi staranno pensando “Ovvio, non puoi confondere il capitale di rischio tipicamente assunto dai fondi di investimento con il capitale di debito erogato dagli istituti di credito”. State tranquilli. Qualcosa ho studiato anch’io e questa può essere una buona risposta accademica.
Ma quale fondo di investimento può intervenire su un’idea progettuale territorialmente limitata? Mi risponderete “I fondi che finanziano start up”. Esatto. Ma quali fondi finanziano start up in ambito di sviluppo territoriale geograficamente limitato e con un fattore di crescita del fatturato non certo esponenziale??
Un’ultima considerazione.
Io credo che i tempi che stiamo vivendo impongano a tutti, Istituti di Credito compresi, una forte capacità di innovazione e di coraggio. Ciascuno nel proprio ambito dovrebbe cominciare a “rischiare” non nella declinazione appunto di rischio negativo ma nell’accezione di “opportunità” futura andando oltre la paura.
Ciascuno dovrebbe diventare quindi, secondo la definizione di Taleb, più antifragile.
Se viceversa continuiamo a muoverci nella comfort zone, a voler mitigare il rischio negativo all’inverosimile disinteressandoci di quello positivo, non potremo che arrivare al punto in cui tale mitigazione è pressoché impossibile e quindi il rischio va evitato e quindi …… non se ne fa nulla!!
Tutto questo porta con sé inevitabilmente due conseguenze.
La prima una stagnazione economica.
La seconda ben più grave, una rassegnazione sociale ed un fatalismo che ci porteranno in tempi assai difficili.
Qualche assaggio lo stiamo già assaporando.
[1] Antifragile: prosperare nel disordine – Nassin Nicholas Taleb – 2013